L’Età comunale è caratterizzata dalle continue lotte con Milano che, gelosa della prosperità della città lariana, diede inizio, per futili motivi, a una guerra decennale (1117-1127) che finì con la sconfitta finale di Corno, umiliata poi con la distruzione delle mura, dei borghi di Vico e di Coloniola e con la sistemazione dei superstiti in borghi di capanne.
Ma la vendetta non si fece attendere: approfittando della protezione di Federico Barbarossa, Como è con lui sin dall’inizio e contro le aspirazioni libertarie di quei Comuni (Milano in testa) che proclamavano l’autonomia dall’Impero.
Nel 1158 il Barbarossa è a Como, ove probabilmente risiede con l’esercito al Castel Baradello, ricostruito sulle fondamenta di una antica roccaforte.
Il resto è storia: Milano venne distrutta (e i Comaschi ebbero il permesso di abbattere parte delle mura), poi la battaglia di Legnano (1176), la conseguente pace di Costanza (1183), che segnava il riconoscimento dell’Imperatore alla libertà dei Comuni e, in ultimo, la definitiva pace con Milano (1186).
comuneDal punto di vista architettonico l’Età comunale è vitalmente presente in città grazie alle meravigliose chiese romaniche:
S. Carpoforo, probabilmente eretta su un tempio pagano dedicato a Mercurio, con tanto di cripta e di presbiterio rialzato, nonché un catino a pietra serena e scura, alternate orizzontalmente; S. Abbondio, eretta sulle fondamenta della chiesa paleocristiana dei SS. Pietro e Paolo, caratterizzata da due torri campanarie; S. Fedele, costruita sull’area della paleocristiana basilica di S. Eufemia e singolare per la forma trilobata e per la pianta centrale (eccezionale è l’abside con corridorio ad archetti praticabili); S. Giacomo, rifatta nel Cinquecento, una originale nella bella abside semicircolare; S. Provino, tempio minuscolo ed elegante.
Di pari passo all’architettura religiosa, anche quella civile ebbe largo sviluppo. AI di là del già citato Castel Baradello, Como ebbe un Broletto, fiancheggiato dalla torre civica, con tanto di sala conciliare e di balcone prospiciente l’arengo (l’attuale elegante e raffinato monumento, in marmi policromi, è gotico e venne mutilato sul lato meridionale per far posto alla fabbrica del Duomo) e le stesse mura, distrutte al termine della guerra decennale con Milano, vennero riedificate con il monumentale ingresso di Porta Torre, alta 40 metri, rigidamente statica e possentemente austera.
Le Signorie
La crisi del Comune a Como,come nelle altre città italiane, è determinata dalle lotte, tra i Guelfi, storicamente fautori del Pontefice, e i Ghibellini, fautori dell’Imperatore. In verità, le lotte intestine trascendevano il significato prettamente politico, riflettendo invece le collere, le passioni e gli interessi personali delle famiglie più potenti della città.
Dal punto di vista paesaggistico la presenza, a Como, delle fazioni dei Vitani da una parte e quelle dei Rusca dall’altra trovava riscontro nelle case-torri (ad esempio, la famosa “Demorata” dei Vitani e la “Torre Rotonda” dei Rusconi) sorta di fortezze con poche aperture, adatte alla difesa, soprattutto nell’eventualità di attacchi notturni.
Nel 1320, Azzone Visconti di Milano, chiamato a viva voce dai comaschi, prostrati dalle lunghe contese, costituisce la Signoria a Como e qui si distingue per l’ostentato mecenatismo. Sotto il suo governo venne costruita la “Cittadella”, poderoso baluardo inserito nel mezzo del tessuto urbano.
Con un altro Visconti, Gian Galeazzo, nell’area già occupata da Santa Maria Maggiore, si procedette ai lavori per la costruzione del duomo, la cui fabbrica venne esentata, dallo stesso duca, dal pagamento di tasse.
Probabilmente durante il suo principato, venne eseguito anche il magnifico ciclo pittorico a fresco del coro della basilica di S. Abbondio.
La lezione di Giotto, forse portata in Lombardia da Giovanni da Milano e da Giusto dei Menabuoi, è evidente nella funzione della natura e dell’architettura che, preannunciando la nuova cultura umanistica, tende sempre a valorizzare l’azione dell’uomo.
L’Umanesimo e il Rinascimento
Nel secolo XV la città di Como, nonostante i travagli politici che accompagnarono il passaggio del potere dai Visconti agli Sforza, avverte la trasformazione culturale che, sempre più rivolta al mondo classico, proponeva, contrapponendosi al Medioevo, nuove forme intellettuali e aspirazioni.
Frutto concreto di tale nuova concezione è l’opera di Benedetto Giovio, nato a Corno nel 1471. Scrisse la Historia Patriae, cronaca delle vicende comasche dalle origini al Rinascimento. Il fratello Paolo, Vescovo, nonostante i gravosi impegni della carica lo trattenessero lontano, non trascurò la sua città, raccogliendo, in un museo, più di 400 ritratti di uomini illustri, iniziativa che può essere considerata come una delle prime raccolte antiquarie della cultura italiana.
Lo splendore rinascimentale trova a Como rispondenza anche in campo architettonico, ove le residenze delle famiglie alto-borghesi (vedasi i palazzi Giovio, Olginati, Rusconi, Volpi, Pantera, Bazzi, Sangiuliani) presentavano la prevalenza dei pieni sui vuoti, la pianta quadrangolare, l’arco a tutto sesto e una corte interna con porticato, sostenuto da esili ed eleganti colonne.
La presenza religiosa ebbe un certo peso, grazie al cardinale Branda Castiglioni, il quale soppresse i piccoli ospedali disseminati qua e là, costituendo in loro vece il complesso unico del S. Anna, che si trovava nella via Cadorna, nell’area occupata dall’attuale conservatorio.
Tutt’oggi, suscita un certo fascino nel passante la pur rimaneggiata residenza del Branda, nell’attuale palazzo di via Bianchi Giovini.