IL BAROCCO
ITINERARIO: Villa Gallia – Gallietta – Palazzo Porta-Cernezzi – Palazzo Volpi – Cappella di S.Cecilia
Fino al Rinascimento, si può parlare di accostamento fra stili diversi, più o meno correlati fra loro. Dal Seicento, con il Barocco, subentra invece una precisa volontà di unificazione, di riconnessione degli stili, che cerca di dare alla città un volto il più possibile omogeneo. E’ il momento privilegiato dei decoratori, degli stuccatori e dei pittori d’abbellimento che intervengono nei vari edifici, e in particolar modo nelle chiese, per completare, arricchire e impreziosire l’esistente.
L’itinerario secentesco inizia da Villa Gallia, raggiungibile anche a piedi partendo da piazza Cavour e percorrendo il lungo lago. Fondata da Marco Gallio, nipote del Cardinal Tolomeo, nel 1614, fu costruita nello stesso luogo dove sorgeva il celebre Museo dei “Ritratti di personaggi celebri”, eretto da Paolo Giovio. La villa, ora sede di uffici dell’Amministrazione Provinciale, ha un porticato a pianterreno su entrambe le facciate, due piani di finestre con balcone centrale e una balaustra terminale, adorna di stucchi di artisti intelvesi. All’interno, si trovano pregevoli affreschi d’epoca. Contemporanea alla Gallia, la Gallietta (1625-37), dépendence della precedente e residenza invernale di Marco Gallio, con un imponente scalone d’ingresso, un triplice porticato e, nel parco, una fontana secentesca.
Tornando nel centro della città, in via Vittorio Emanuele, troviamo il Palazzo Porta-Cernezzi (1616), ora sede del Municipio, con vasto e arioso porticato interno e, ad ovest, incorporati nell’edificio, i resti di un torrione medioevale.
Poco distante, in via Diaz, è il Palazzo Volpi (1628), di linee semplici, ma eleganti, con loggiato e cortile interno. Costruito per volontà del vescovo Volpi, venne adibito per molti anni a Palazzo di Giustizia ed ora, dopo un restauro conservativo ed alcuni interventi funzionali, è sede della Pinacoteca comunale.
L’esempio più suggestivo ed esauriente di stile tardo barocco lo si trova comunque nella chiesetta o cappella di Santa Cecilia, in via Cesare Cantù, di origine certamente medioevale, ma rifatta verso la fine del Cinquecento e adornata nel secolo successivo dagli stucchi dell’intelvese Barberini e dai dipinti dei lombardi Lanzani, Montalto e Abbiati che si integrano a vicenda, raggiungendo un raro effetto di organicità.