Piona: Graziosa pennellata di verde che s’incunea nelle acque azzurre del lago per stemperare la monotonia con una dolce sfumatura.
La sua celebre Abbazia opera del XI secolo, ormai inserita nella geografia turistica e spirituale della nostra gente; è divenuta un cliché d’obbligo per ogni itinerario in alto lago.

Vive ai margini di un mondo fracassone per farci sentire ancora il sapore e il gusto della pace.

Le sue attrattive fondono con la bellezza di una natura sempre carica di suggestione, si concertano nel fascino di colori del lago, monti e cielo, orchestrano per il dono di tanta serenità.

DA VEDERE

Abbazia di Piona
E’ un complesso conventuale situato sull’omonima penisoletta, in bella posizione panoramica, in frazione Olgiasca che permette di gettare uno sguardo sull’opposta sponda dove sorgono importanti paesi dell’alto lago quali Dongo, Gravedona, Domaso, Gera Lario.

L’Abbazia venne fondata dai monaci Cluniacensi nel Medioevo, a presidio della zona e della navigazione allora messa in pericolo dagli attacchi di banditi e pirati. Secolarizzata nel Quattrocento andò sempre più decadendo fino a venire soppressa nel XVII secolo.

All’inizio di questo secolo venne restaurata. Il restauro dell’abbazia è stata anche opera del Comm. Pietro Rocca, già proprietario del tutto.

Dagli anni Trenta è di proprietà dei monaci Cistercensi di Casamari che vi producono vari liquori tra cui le famose “Gocce Imperiali”.

Tra gli elementi più interessanti del complesso vi sono: la romanica chiesa di S. Nicolao dell’XI secolo, sorta al posto di un antico oratorio del VII secolo e il Chiostro in stile romanicogotico del XIII secolo, con begli affreschi sulle pareti di intonazione romanico-bizantina.

Il campanile non è l’originale, che fu distrutto da un fulmine nel XVII secolo ed era ubicato dove è l’attuale sacrestia.

Quello che vediamo svettare nel cielo fu costruito nel 1700 con materiale piuttosto scadente.

Soltanto gli ultimi restauri l’hanno reso più grazioso. S’innalza con un movimento piuttosto uniforme incamiciando, in ogni riquadro, feritoie e finestre ad occhio di bue e s’innesta all’arte chiaramente romanica del complesso senza crearvi alcun contrasto.

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